"Simama, alzati Africa". Un auspicio, un augurio, una speranza condivisa da chiunque ami quella terra rossa e solare, quei popoli vivi e vitali, quei colori assoluti. E da chiunque soffra davanti alle enormi ingiustizie di cui questo continente è vittima.
7 luglio 2013
Bukavu la belle
Certo, quattro giorni sono pochi per esprimere pareri, ma qualcosa si può comunque dire.
Rispetto a due anni fa, la città di Bukavu appare migliorata. Non chissà che, ma per chi arriva da Goma già trovare le strade principali asfaltate pare un miraggio. Le varie persone con cui ho parlato mi confermano che in città non va male. I problemi restano invece all'interno, nei villaggi, dove l'insicurezza è alta. E ciò provoca inevitabilmente un flusso continuo di persone verso Bukavu, sempre più grande ed estesa ed incapace di assorbire una tale quantità di gente.
Non se la passano bene affatto, invece, i difensori dei diritti umani e i giornalisti, minacciati di morte continuamente, veri eroi della quotidianità che continuano a compiere il loro lavoro senza grandi proclami.
L'altro ieri sera, grazie a un'amica, mi sono imbucata nella serata organizzata all'hotel più fashion della città (quello dove risiedono le autorità di passaggio), per accogliere il Ministro belga della Cooperazione, accompagnato dall'ambasciatore. Tutte le autorità locali, civili e religiose, presenti. Serata istruttiva, soprattutto sul rapporto che ancora lega colonizzatori e colonizzati. Una sindrome di Stoccolma, parrebbe a volte.
E domani Bukavu in festa riceve madame Hollande...
2 luglio 2013
Goma 2013. Neverending story
Lasciamo Goma stamattina, dopo una decina di giorni di soggiorno. Lasciamo una città viva, attiva, caotica e contraddittoria: la ricchezza aumenta vieppiù, barricata in ville di lusso, e diviene ancor più stridente il contrasto con la massa di gente che ha poco o niente e con i campi sfollati, straripanti. Lo stato non fa nulla, assenti le infrastrutture, le strade sono un disastro di polvere che si deposita ovunque.
La città vive, deve vivere. Ma sotto una cappa di ansia che blocca ogni progettualità. È sotto assedio. Dalla parte di Rutshuru l'M23 ha avvicinato il suo quartier generale alla città, due giorni fa. La MONUSCO aumenta la sorveglianza, con elicotteri e pattugliamenti. Dalla parte di Sake, una fonte per ora non verificata ci dice che Nkunda sarebbe tornato, ben armato e con mercenari stranieri. Si preparebbe una recrudescenza del conflitto. A suivre...
(Queste info sono prese sul terreno, ma da qui non mi è facile verificarne tutte)
27 novembre 2012
La quiete dopo la tempesta. Forse
Dopo giorni di febbrili (e a tratti poco chiare) trattative, oggi arriva la notizia: i ribelli dell’M23 hanno accettato di lasciare Goma e lo faranno entro giovedì o venerdì. Ad annunciarlo, in tarda mattinata, è stato il capo di Stato maggiore dell’esercito ugandese, Aronda Nyakairima, che in una conferenza stampa a Kampala ha dichiarato che l’M23 è pronto a ritirarsi senza condizioni entro 48 ore, pur mantenendo una presenza di cento uomini all’aereoporto di Goma, che in base agli accordi siglati sabato scorso dai Paesi dei Grandi Laghi runiti in Uganda per risolvere la crisi congolese.
Dopo poco, è arrivata anche la conferma diretta del comandante dei ribelli, Sultani Makenga, intervistato dalla France Press, nonostante in mattinata in un’altra conferenza stampa tenutasi a Goma, il capo politico dell’M23, Jean-Marie Runiga, avesse affermato che il loro ritiro era sottoposto ad alcune condizioni.
Nonostante queste discrepanze, pare dunque certo che la città di Goma tornerà libera e che i ribelli arretreranno di una ventina di km. Venerdì, poi, è prevista una riunione dei capi di stato maggiore dei Paesi dei Grandi Laghi, che si riuniranno proprio a Goma, “per accertarsi del rispetto degli accordi di smilitarizzazione della città”.
A distanza di pochi giorni, un notevole cambiamento, dato che l’M23 fino a poco fa minacciava di avanzare fino a Bukavu e poi di puntare su Kisangani e Kinshasa. Miracoli della diplomazia. O delle trattative sottobanco. A volte basta una parola a far capire come stanno davvero le cose. E questa parola è “legittime”.
Al termine del vertice che sabato ha riunito a Kampala la Cirgl, la Conferenza Internazionale sulla regione dei Grandi Laghi (mancava il presidente ruandese Kagame, che intanto si incontrava a Kigali con il suo omologo del Congo Brazzaville), hanno diffuso un documento in cui si chiede, appunto, ai ribelli di arretrare a 20 km da Goma, si stabilisce che lo strategico aeroporto di Goma sia sotto controllo misto di ribelli, governativi e forze internazionali, ma si domanda anche che “il governo congolese ascolti, valuti e risolva le legittime rivendicazioni dell’M23”. Legittime, appunto. E con questa parolina si dà il via, in silenzio, a trattative i cui frutti si vedranno più avanti. © Africa Rivista
23 novembre 2012
L'M23 e Kabila
Dopo ore di notizie confuse e contraddittorie, pare accertato che la battaglia di giovedì a Sake abbia portato a una provvisoria ritirata delle truppe ribelli, che però in serata hanno rioccupato la città.
Fonti giornalistiche sul posto riferiscono oggi di gente ancora in fuga da Sake, mentre l’M23 da lì si sarebbe già diretto a nord verso il Masisi e – secondo voci che si rincorrono sul web in queste ore – avrebbero già occupato Karuba, Mushaki e Kitchanga e si starebbero dirigendo verso Mweso. Sulla direttrice sud, la strada che percorre le sponde del lago Kivu fino all’estremità meridionale, dove si trova Bukavu (il capoluogo del Sud Kivu), i ribelli sarebbero in movimento verso Minova, il primo centro abitato importante dopo Sake. Qui giovedì sera alcuni soldati governativi, ubriachi, avrebbero sparato sulla gente.
Intanto a Bukavu la popolazione continua ad essere spaventata e fa scorta di viveri, mentre alcuni manifestano nelle strade contro il presidente Kabila, ritenuto incapace di far fronte all’emergenza e responsabile di trattative nascoste con il Rwanda.
Giovedì pomeriggio, infatti, il presidente dell’M23, Jean-Marie Runiga Lugerero (vescovo di una chiesa evangelica), ha frettolosamente abbandonato Goma, dove era atteso per una conferenza stampa, per recarsi a Kampala, dove Kabila, Kagame e Museveni stanno cercando un accordo e da dove giovedì in un comunicato congiunto avevano invitato l’M23 a ritirarsi da Goma. E da Kampala, Runiga ha parlato proprio degli accordi siglati il 23 marzo 2009 (da cui il nome del movimento): si sarebbe trattato di un patto segreto siglato tra i ribelli del movimento (che allora si chiamava CNDP) e il presidente Kabila, che avrebbe agito senza consultare e informare alcun altro organo dello Stato.
Non solo: il rapporto Onu appena pubblicato contiene, tra l’altro, prove del coinvolgimento del capo di stato maggiore dell’esercito, il generale Gabriel Amisi, in un traffico di armi destinate a vari gruppi ribelli, tanto che il generale è stato immediatamente sospeso.
E questa è solo l’ultima delle ragioni per cui molti congolesi sono infuriati col loro presidente: manifestazioni un po’ in tutte le città principali, dove in più di un caso si sono avuti incidenti, assalti alle sedi del partito presidenziale PPRD, in un paio di casi incendiato; a Bruxelles martedì alcuni attivisti congolesi avevano preso d’assalto la loro ambasciata.
Da giovedì, si è scatenato il putiferio sul web, dopo che è circolata una foto dell’incontro di Kampala in cui Joseph Kabila siede con i presidenti Kagame e Museveni, riposato e sorridente. Quel sorriso ha fatto infuriare i congolesi, che lo accusano di ridere delle sventure del suo popolo.
Anche l’M23, sulla sua pagina Facebook in swahili, irride Kabila con le parole del suo portavoce Vianey Kazarama, che martedì allo stadio di Goma, davanti alla folla, ha detto: “È una vergogna per il Congo essere governato da un giovane che fuma droga e che, nel momento in cui i congolesi piangono, è in palestra a sollevare pesi!”
Sempre sulla loro pagina FB, i ribelli affermano che i 3500 soldati delle FARDC ancora presenti a Goma sono stati invitati dallo stesso Kazarama a unirsi all’M23, sposare la loro causa e proseguire la marcia fino a Kinshasa per cacciare Kabila, “che vi fa mangiare solo fagioli crudi”.
Intanto a Goma la popolazione viene invitata a riprendere le attività quotidiane, ma la città è senza corrente elettrica, con conseguenze come la mancanza di acqua potabile (che viene pompata dal lago) e i cadaveri in putrefazione negli ospedali. Da più parti poi si levano allarmate denunce di sparizioni ed esecuzioni: ogni notte e ogni giorno verrebbero prelevate da casa persone dell’estabilishment e portate verso destinazione sconosciuta. La pulizia continua. © Africa Rivista
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