18 luglio 2011

Appunti di viaggio... 1

In Africa da quattro giorni. Finalmente!
Ancora poco per esprimere valutazioni, ma qualche prima impressione la si può azzardare. L'arrivo a Kigali, in Ruanda, lascia sempre più di stucco. Non solo la città cresce e si sviluppa a vista d'occhio, ma lo standard di vita appare sempre più elevato. Non si può generalizzare, certo, però la gente che vive in città ha opportunità che in tante altre capitali africane ci si sogna. Si capisce così - forse - il consenso attorno a Kagame. Criticato spesso aspramente da ong e altre voci occidentali per la mancanza di libertà nel paese, il presidente sta portando avanti una linea di sviluppo a tappe forzate, i cui segni sono evidenti già ad un osservatore superficiale. Regole ferree, disciplina, ordine, crescita: quartieri di baracche rasi al suolo per far posto a case in stile europeo; infrastrutture, strade, ... a parte qualche zona ancora "vecchio stampo", la città è ormai di standard europeo. Per questo il divario tra Kigali e le campagne cresce in continuazione.
Passata la frontiera con il Congo, il nulla! Le differenze appaiono sempre più macroscopiche. Per la verità, Goma è una città ricca. In questi anni, con la guerra, molta gente si è arricchita. Enormi ville sfarzose spuntano come funghi ovunque. Ma fuori dal cancello, la desolazione. Lo stato non c'è. E quindi non ci sono strade, non ci sono fognature, non c'è acqua... niente di niente! La corrente è un lusso per pochi: chi ha soldi si compra il gruppo elettrogeno o il pannello solare, gli altri si arrangiano: l'elettricità che viene dallo stato c'è un'ora sì e tre no. Sennò, candele e lampade a cherosene. Davvero un mondo a due velocità, l'una accanto all'altra in una serie di contrasti che all'inizio mi erano insopportabili. Purtroppo, ci si abitua a tutto.
Le due frontiere sono l'emblema delle differenze tra i due Paesi. All'uscita dal Ruanda, un ufficiale serissimo, nel suo ufficio davanti a un computer con monitor piatto, registra scrupolosamente tutto, controlla minuziosamente ogni dichiarazione sui moduli, mentre tu aspetti in piedi al di là di un vetro. Cento metri a piedi e si è in Congo: ti fanno entrare nell'ufficio scalcinato, ti offrono una sedia, il pc con monitor piatto c'è ma è spento (e chissà se ha mai funzionato!), il funzionario annota tutto a mano su un vecchio registro, mentre ti sorride affabilmente e ti fa icomplimenti perché hai sposato un congolese e hai due bambini con te. Altri ufficiali entrano nel piccolo ufficio, salutano cordiali, fanno i complimenti ai bambini, chiacchierano. Terminate le pratiche, usciamo dall'ufficio convinti di dover sottostare all'odiosa pratica del controllo bagagli: impieghi ore a sistemare tutto con ordine per far stare il maggior numero di cose nel minor spazio possibile, poi ti aprono e ti buttano tutto per aria! Ma sorpresa! L'autista nel frattempo ha preso accordi col funzionario, per 1000 franchi di "mancia" (una cifra ridicola) possiamo risalire in macchina e proseguire senza problemi!
Bienvenue au Congo!

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